Gaetano Quagliariello e i servizi segreti

Gaetano Quagliariello e i servizi segreti

[...] Non sono più le sciabole incrociate degli ultimi giorni ma il conflitto è ancora aperto. Il "falco" finiano, Carmelo Briguglio tre giorni fa ha attaccato Il Giornale (che ha avviato l'inchiesta sulla casa di Montecarlo della quale, accusa il deputato di Fli, si occupa una firma "che contiene il cognome di un noto direttore dei servizi segreti". Coincidenza, omonimia o parentela?") e parlato di "pezzi deviati dei Servizi" che avrebbero spiato gli uomini vicini al presidente della Camera (Gianfranco Fini). Ieri, il vicecapogruppo dei senatori Pdl, Gaetano Quagliarello, ha ribattuto: "Si può anche non gradire o non apprezzare un'inchiesta giornalistica, ma "buttarla in caciara" confondendo le carte non è un comportamento serio. Se Briguglio ha altre informazioni le comunichi al Copasir. In caso contrario sottragga la sua voce al coro dei professionisti del depistaggio".
Risponde Briguglio: "Ho parlato a lungo al Copasir in merito a deviazioni di pezzi dei Servizi e, di recente, anche di preoccupanti anomalie in merito alla permanenza nei Servizi di uomini dell'intelligence inquisiti per reati gravissimi".

Mauro Favale, La Repubblica (13/08/2010)

sabato 19 dicembre 2015

Kyong Mazzaro, AC4 Columbia University - New York | La meravigliosa carriera universitaria di una "blogger"

Kyong Mazzaro, AC4 - Columbia University - NY

Quando l'ho conosciuta, nella seconda metà di agosto del 2008 a Caracas, Kyong Mazzaro svolgeva una non meglio specificata attività di blogger. Assieme a lei, sempre in qualità di blogger, operava un tipo assai squallido e ambiguo, tale Andrea Dorado. Non mi meraviglierei di sapere che costui lavora per i servizi segreti. La "strana coppia" di blogger si incontrava presso il domicilio di Antonio Nazzaro, "poeta" ed altro ancora. Tale "poeta" mi era stato presentato nel maggio del 2006 al Centro Culturale Italiano, dove lavorava.
Già nel mese di settembre 2008 Kyong Mazzaro si trovava all'università La Sapienza di Roma. L'ateneo La Sapienza è venuto alla ribalta di recente per un suo impiegato che, alla fine degli anni novanta, aveva sparato ad una studentessa uccidendola. Il fatto era avvenuto all'interno dell'università. Quell'impiegato-sceriffo è ricomparso come professore di scuola superiore. Fortunatamente, il clamore delle polemiche è stato tale da indurre il neo prof a ritirarsi.
Ritornando a Kyong Mazzaro, tempo dopo è approdata in un tempio della cultura yankee: la Columbia University di New York. Ovviamente, neanche le istituzioni statunitensi sono questi baluardi di indipendenza, immuni cioè dalle lusinghe del potere, altrimenti una come Kyong Mazzaro, dalle chiare origini massoniche, non avrebbe trovato posto neanche come addetta alla raccolta dei rifiuti.
Ma come fa ad operare Kyong Mazzaro in una istituzione universitaria che, malgrado i suoi compromessi col regime, resta pur sempre una fucina di conoscenza? In maniera molto semplice, ed anche abbastanza scontato per la realtà italiana: il capo di Kyong Mazzaro fa finta di non accorgersi della sua pochezza intellettiva, oltre che umana; la maggior parte del lavoro viene svolto da assistenti professionalmente preparati e flessibili, cioè sottopagati e non riconosciuti.
In tal modo la giovane Kyong Mazzaro, devota di Anna Grazia Greco (altra notoria capra), può ostentare un curriculum accademico di tutto rispetto. Solo sulla carta, però..

La ragazza di Piero Armenti e la casa del duende | Henri Charriere, alias Papillon, a Sabana Grande - Caracas

Henri Charriere descrive, nel suo libro Papillon, il popolo venezolano come "affascinante e superstizioso". La tipa di Piero non faceva eccezione, anche lei aveva le sue credenze magiche e superstiziose. Una di queste credenze riguardava uno spirito selvatico, una sorta di elfo, chiamato duende.
Con i suoi "hermanitos" si recava regolarmente in una casa abbandonata sul monte Avila, la casa del duende, restandovi alcuni giorni. Da quello che mi diceva, il suo era un modo per ricaricarsi: è risaputo che il contatto con la natura ha effetti benefici sull'organismo, anche se la gente che frequentava aveva lo sballo come massima aspirazione.
La prima volta che la ragazza di Piero mi parlò della casa del duende, e della necessità di staccare da Caracas, ci stavamo frequentando da poco. Ci saremmo separati per qualche giorno perché per lei quello spazio era importante. Mi aveva anche  tranquillizzato: gli "hermanitos" la rispettavano; ma la situazione nel complesso non mi piaceva. E non per me, ma per lei.
Col tempo ho capito che quei personaggi poco credibili certamente la rispettavano, quando era sobria e cosciente. Ma non c'è dubbio che quelle riunioni in luoghi appartati avessero una finalità puramente manipolatoria nei suoi confronti. Quando la gorda ritornò a Caracas notai che aveva una cicatrice su un gluteo. La mia esperienza mi diceva che quella ferita se l'era procurata cadendo sull'estremità di un ramo. Dal tipo di taglio capivo che la tipa di Piero non aveva i pantaloni quando se l'era procurata. Alla domanda su cosa le fosse accaduto mi rispose che non se lo ricordava.
Non molto tempo dopo, venni a conoscenza del fatto che alcuni "hermanitos" erano figli casuali di militari italiani (della Marina Militare, se ben ricordo), di padri che non avevano mai conosciuto. Altri hermanitos avevano origine europea (Spagna).  In effetti avrei potuto anche arrivarci da solo: costoro esibivano fisionomie piuttosto familiari, il fatto che fossero dei figli di puttana lo avevo già capito, restava solo da stabilire fino a che punto...

Henri Charriere, scrittore di Papillon, a Sabana Grande - Caracas

sabato 31 gennaio 2015

La Propaganda - organo regionale socialista | Eduardo Giacchetti nel collegio di Chiaia

La Propaganda -  organo regionale socialista

La lotta di oggi nel collegio di Chiaia

I socialisti, i repubblicani, i radicali, tutti i cittadini che tengono al libero controllo della stampa e alla moralità pubblica voteranno per il recluso

   EDUARDO GIACCHETTI 
Oggi, la canaglia (Gennaro Aliberti ndr) celebra a Chiaia i suoi saturnali. Da una parte la reazione in marsina e dall'altra quella in giacca, l'una fermentata dal lievito religioso e l'altra semovente all'ombra del bandierone liberale che, da oltre un quarantennio, covre e protegge le porcherie più grosse e le viltà peggiori. Capece Minutolo di Bugnano e Cucca di Talamo si equivalgono nella concezione reazionaria che essi hanno della politica: l'uno e l'altro guardano lo Stato come l'ente protettore del popolo, come la piscina probatica nella quale chi si tuffa è salvo, e credono che il deputato, il così detto rappresentante del paese - di cui, per la restrittiva legge elettorale, va alle urne una percentuale assai bassa - sia né più né meno che un servitore: servitore del ministero e degli elettori, a un tempo, che deve dare il voto all'uno per ottenerne i piccoli favori e le minute concessioni a vantaggio degli altri.
Lontana è dalla loro coscienza la visione di una società che viva della cooperazione e nella cooperazione di tutti e che si voglia e si sappia amministrare con la propria diretta sorveglianza e col libero controllo di chicchessia e che a piacimento, e quando le torni comodo, rinnovi le proprie delegazioni e le trasformi. Ed è lontano dal loro cervello anche l'abbozzo di un qualunque programma politico.
L'uno e l'altro promisero ferrovie, ponti e strade, licei, ginnasii ed asili d'infanzia, e le croci di cavaliere e di commendatore della molto ospitale corona furon fatti da entrambi balenare innanzi alla dabbenaggine presuntuosa degli elettori: nessuno dei due si è sognato di parlare della miseria delle mille creature umane, le quali se potessero andare alle urne (da cui le tien lontane la provvida mano della borghesia sfruttatrice) voterebbero solo per chi invoca e propugna, mediante la rivoluzione dei rapporti sociali, il dovere del lavoro per tutti e per tutti il diritto alla giustizia.
L'uno, ambiziosetto e impaziente di pervenire, pare abbia anche egli sollecitata la protezione governativa che l'altro ottenne: e ci vien riferito che entrambi, incontratisi tempo fa in prefettura, si sarebbero scambievolmente dichiarato che l'uno avrebbe ceduto il passo a quello che avesse ottenuto l'appoggio governativo: a tal patto, rompendo la fede, uno avrebbe dunque mancato. Non ci preme affatto l'incidente nella parte che si riferisce al (chiamamolo così) tradimento. Guardiamo invece col disgusto e con la nausea questi avvenimenti.
[...] il Roma ha ieri, dalle libere sue colonne, protestato per le turpitudini che la Pubblica Sicurezza commise contro i partiti popolari propugnanti la candidatura di un operaio immacolato, di Eduardo Giacchetti, contro la candidatura nera di Capece Minutolo e quella di tutti i colori del Cucca.
Noi non ci contenteremo di protestare. Faremo di più. Chiederemo, ai sensi della legge, la nullità di una elezione avvenuta in modo fraudolento e cattivo.
Dal palazzo Calabritto un giocatore di baccarat dirige, con la prepotenza più aperta, le operazioni elettorali. Mercè sua fu dato libero passo ai micidiali col segno: e i pregiudicati e gli ammoniti potettero liberamente aggredire e ferire chi meglio loro talentasse, alla presenza della forza pubblica la quale (complimenti signor Zaiotti!) fu feroce solo con noi, come risulta dalla proibizione di ogni nostro comizio.
Tutto ciò sarà denunziato al parlamento innanzi al quale Roberto Talamo dovrà pareggiare i suoi conti.
Oggi noi andiamo alle urne a deporre il nome immacolato di Eduardo Giacchetti che, gravemente infermo nel carcere, ignora le ansie nostre e le nostre speranze.
Quanti voti saranno dati al martire? Molti ne auguriamo, più che per lui, per la dignità del Collegio di Chiaia, per la vita morale di Napoli.
Nelle ragioni di questo augurio fervido è il fascino della battaglia.
La quale, comunque finisca, lascia i radicali, i repubblicani e i socialisti di Napoli fieri del compiuto dovere e del servigio reso alla città.
Per opera dei partiti popolari non sarà lecito domani rimproverare al nostro paese di aver assistito, senza protesta, a un duello elettorale fra due campioni indegni di toccar la palma della vittoria.
E il popolo avrà una volta ancora compreso come debba, affermando la sua sola e insostituibile e non delegabile sovranità, provvedere al suo avvenire.
La Propaganda - Napoli, 20 settembre 1903

La Propaganda organo regionale socialista

martedì 27 gennaio 2015

Enrico De Simone e Lucia Veronesi: il colloquio di lavoro

Enrico De Simone è rientrato in Italia nell'autunno del 2008, lasciando vacante una cattedra di matematica presso la scuola Bolivar y Garibaldi di Caracas.
Nella stessa scuola lavoravano anche Daniela Corrieri e Antonio Nazzaro, ovvero la piccola corte de' miracoli di Anna Grazia Greco.
Daniela, ex compagna di un poliziotto della scorta personale di Berlusconi, lasciava Caracas nello stesso periodo di Enrico De Simone. Inoltre, i due ex colleghi della Bolivar y Garibaldi, vivono entrambi a Roma.
Quella doppia partenza non pianificata indicava una certa ansia di lasciare il paese, dato che la scuola era appena cominciata: i due insegnanti abbandonavano un posto di tutto rispetto e ben retribuito (il pagamento avveniva in euro, a differenza del Codazzi che da 2 anni pagava in valuta locale). Ma bisogna aggiungere che la situazione stava evolvendo anche per la Bolivar y Garibaldi.
Di lì a poco l'insegnante Antonio Nazzaro, uomo tutto d'un pezzo, non avendo i titoli per insegnare, presenterà autodenuncia presso il Consolato Generale di Caracas.
Quando certa gente si muove le cose diventano subito contorte. Mi spiego meglio:
  • Se Antonio Nazzaro non aveva i titoli perché aveva accettato l'incarico?
  • Come faceva la Greco ad essere all'oscuro? Enrico De Simone e Daniela Corrieri hanno cominciato a lavorare alla Bolivar y Garibaldi dietro sua indicazione, difficile immaginare che per il Nazzaro le cose siano andate diversamente
Ad ogni modo è stato il pretesto che serviva alla Greco per togliere il contributo ministeriale alla scuola Bolivar y Garibaldi.
Trovo interessante questa trasformazione moralista della Greco: appena nel 2005 aveva imposto il suo "fidanzato" alla Codazzi, con un contratto stratosferico, mentre noi insegnanti provenienti dall'Italia ne eravamo privi. 
Cose dell'altro mondo, anzi no, cose di una certa Italietta...

Ora ricordo come andarono i fatti: il 5 settembre 2005, primo giorno di scuola per gli insegnanti, alla riunione degli insegnanti della scuola italiana la Greco mi chiese di partecipare ai corsi di informatica del suo amichetto
Le risposi picche, non ero interessato. La Greco allora perse le staffe e cominciò a dare i numeri. Tra le cazzate che disse, una riguardava la Pubblica Amministrazione, di cui ella è senz'altro una rappresentante coi fiocchi. Mi redarguì dicendo che se avevo lavorato per la PA, dovevo essere a conoscenza del fatto che i corsi di aggiornamento sono obbligatori...
Continuai a rispondergli picche, se non altro perché dell'argomento ho una certa infarinatura. La Greco continuò a fare l'isterica, ma quando capì che stava facendo la sua figura, si rivolse alla coordinatrice, la quale mi disse che non avevo capito... e dalle minacce velate si passò alla richieste: sotto impulso della Greco la coordinatrice mi chiese alcune scartoffie, ovvero del lavoro in più da sbrigare. La burocrazia come arma intimidatoria.
Comunque non le detti soddisfazione e ai corsi del suo amichetto, non ci andai neanche stavolta.

Sia come sia, la giunta Codazzi rifiutò "il fidanzato" della Greco come insegnante di informatica.
Il motivo è semplice, aveva lasciato che alcuni ragazzini di 4° elementare visionassero siti porno, come ho già scritto nei miei blog. Non so quanto abbia influito la discussione avuta con me, dato che ai primi di settembre la Greco era ancora convinta di riproporre lo stesso pacchetto di corsi al Codazzi...(comincio a rivalutare i rappresentanti della giunta Codazzi...).
La Greco, per ripicca, chiese a Claudio Milazzo della Bolivar y Garibaldi di accettare "il suo fidanzato" come insegnante per gli stessi corsi che teneva alla Codazzi.
In cambio, la Greco (Anna Grazia, una fuorilegge per passione ndr) fece dirottare soldini dal ministero, ovvero denaro pubblico in cambio dell'assunzione al suo tipo.

 Il colloquio

Prima di approdare alla Bolivar y Garibaldi, Enrico De Simone si era candidato a insegnare alla scuola Agustin Codazzi.
Nel marzo del 2006, infatti, el Hombre Negro era rientrato in Italia. C'era una cattedra di matematica in attesa di un/una prof.
Enrico, che lamentava uno stipendio da fame come giornalista presso La Voce d'Italia, prese la palla al balzo e andò a fare il colloquio con la preside, Lucia Veronesi.
Forse lo vidi quel giorno stesso, si era con M e il De Simone era tutto impettito e speranzoso per come si era svolta l'intervista, a vederlo già si fregava le mani... sembrava molto convinto di sé.
Ebbene, non solo la preside non accettò Enrico De Simone come insegnante, ma aggiunse, a onore delle cronache, che l'aspirante prof "non gli era piaciuto"...
Tanto per ricordare chi era la dolce Lucia Veronesi e quanto fosse preziosa la sua stima.
Quel giudizio sulla persona era molto di più di una semplice opinione personale, come era parso a me in quei giorni: la trovai un po' severa come osservazione, ma, col senno di poi, ho capito invece quanto fosse corretto il suo giudizio su Enrico De Simone, e perchè si fosse premurata di farlo circolare fra gli insegnanti. Se avessi dato maggior peso a quelle parole, dal momento che chi le aveva pronunciate era persona di assoluta serietà, probabilmente avrei evitato l'agguato fascista di Plaza Chacaito.
Come ho detto, a suo tempo non gli detti molto peso: mi ci vorrano due lunghi anni per realizzare la sostanziale verità di quell'affermazione.
E questa consapevolezza mi è giunta a fine agosto del 2008 proprio lì, a Caracas.

El pajaro

lunedì 27 ottobre 2014

La nipote di Franco Chirico e la cricca catto-fascista del Codazzi | Una Caracas da bere: Ruben Zambrano e il Club de la Guardia

Quando ripresi a lavorare nel gennaio 2005, ripresi anche le uscite serali in quel di Caracas. Una Caracas da bere.
Il collega di uscite, Giuseppe Rinaldi, era ritornato dall'Italia più baldanzoso che mai. Baldanzoso è il termine adatto per uno sovrappeso che ami danzare la salsa e gli altri balli caraibici... Il bello è che se la cavava piuttosto bene.
Io ero debole e necessitavo ancora di riposo, ma avevo anche bisogno di vedere un po' di vita, dato che ero fresco reduce dal mondo dei morti, o degli spiriti, se preferite. 

Fortunatamente avevo ricominciato la scuola di mercoledì, per cui il fine settimana arrivò prima. Giuseppe mi disse che era in contatto con Ruben Zambrano, l'insegnante di educazione motoria del Codazzi. Quel venerdì, infatti, si festeggiava il Dia del maestro e a scuola ci fu il solito brindisi (non essendo riusciti a farmi fuori, mi festeggiavano, quegli infami...).  
Al brindisi Giuseppe Rinaldi e il prof di educazione fisica parlarono per tutto il tempo. 
Quando ci vedemmo in serata, al solito bar di plaza Chacaito, Giuseppe mi disse che Ruben gli aveva scritto un messaggio. Il prof di ginnastica era in serie difficoltà: lo assediavano varie femmine e richiedeva il nostro intervento. Più che un messaggio pareva un Sos...
Come potevamo rifiutare?
Terminammo le nostre birre e ci mettemmo in viaggio. Destinazione: Club de la Guardia, quartiere Paraiso. Non poteva esserci nome più appropriato...
 

Raggiungemmo il nostro collega ancora incolume che ci presentò una intera comitiva di gente. Almeno tre figliole erano di mio gradimento.
Il Club de la Guardia era una sorta di dopolavoro dell'esercito venezuelano. Era distribuito su un'area abbastanza grande e si entrava solo per conoscenza. Non mi dispiaceva perché era per lo più all'aperto, semplice e popolare. La musica non era chiassosa, e pazienza se c'era solo musica locale. Era un luogo ideale per chi sapeva ballare i ritmi latini.
Il gruppo di Ruben era situato in una zona che terminava con un cortile. Sul muro di quel cortile era dipinto a lettere cubitali la scritta "Barinas linda!". Omaggio al luogo che ha dato i natali al presidente Chavez. Alcune amiche di Ruben mi fecero un corso accellerato di salsa venezuelana. Molto istruttivo, anche se sono stato un pessimo allievo.
Ad un certo punto della serata, me ne andai a fare un giro per il club. C'erano zone poco illuminate con cespugli e aiuole ed altri spazi coperti dove la gente ballava. Nel complesso dava l'idea di un luogo molto frequentato ma tranquillo. Durante il mio giro di ricognizione vidi, per la prima volta, la nipote di Franco Chirico
La vidi senza conoscerla e senza essere visto in quanto parlava animatamente con una ragazza della comitiva. Una di quelle che mi piacevano, per intenderci. Forse fu proprio per cercarla che vidi la nipote di Franco Chirico, massimo editore del Cammino Neocatecumenale e amico personale di Kiko Arguello. 

Franco Chirico e la cricca Codazzi, mal diretti da Anna Grazia Greco

Parlava la sciacquetta, in una zona poco illuminata, ma più precisamente impartiva istruzioni. Aveva 25 anni circa, la faccia slavata, gli occhiali e i capelli castani non molto lunghi, legati dietro con una piccola coda. Aveva lo stesso piglio della Greco (Anna Grazia, una fuorilegge a Caracas), ovvero lo stesso modo del cazzo di blaterare senza ascoltare. 
Odiosa solo a vedersi.
Quello del Club della Guardia è stato il primo di 3 incontri certi, che ho avuto con quella troia della nipote di Franco Chirico. ma non escludo di averla avuta tra i piedi in diverse altre occasioni, dal momento che aveva frequentato il Codazzi e abitava a due passi da casa mia...

lunedì 30 giugno 2014

Enrico De Simone, Daniela Corrieri, Piero Armenti | La corte de' miracoli di Anna Grazia Greco

Quando rientrai a  scuola dopo l’avvelenamento, le vacanze natalizie erano terminate da qualche giorno. Ero debole e bianco come un lenzuolo. Un fantasma mi faceva un baffo. L’idea di riprendere a lavorare non mi allettava: l’insegnamento richiede un costante impegno e io non mi sentivo in forma. Mi avevano detto alla Sanitas che sarei stato debole per almeno due settimane. Nonostante la debolezza, però, miei alunni si comportarono bene. Era una seconda elementare ma di fatto si mostrarono comprensivi e non approfittarono della situazione. Detto ciò, c’era comunque uno strano silenzio nella scuola in quel periodo, notavo in genere, e non solo nella mia classe, come un senso di attonimento.
La vita fuori scorreva come sempre, in Venezuela, in Italia e nel mondo succedevano cose.
A fine mese, il mitico Chavez rilasciava un’intervista in cui affermava che il socialismo non era morto. L’ho scoperta da poco, spulciando quell’interessantissimo archivio che è la versione digitale del quotidiano fascista de La Voce d’Italia. Archivio, che è bene ricordare, vede la sua nascita con l'arrivo di Piero Armenti in Venezuela. E, quando Piero Armenti lascerà il Venezuela, nell'autunno del 2008, l'archivio in questione registrerà una lacuna di ben 3 mesi. In quello stesso periodo del rientro in Italia da parte di Piero Armenti, anche i due romani, Enrico De Simone e Daniela Corrieri, faranno ritorno in Italia. Molto stranamente, perché inseriti dalla Greco (Anna Grazia, una fuorilegge in libertà) alla scuola italiana di Caracas Bolivar y Garibaldi. La piccola corte de' miracoli di Anna Grazia Greco...
Tornando al gennaio del 2005, qualche giorno dopo l'intervista di Chavez, ai primi di febbraio, Piero Armenti, apprendista periodista presso il suddetto giornale fascista, licenziava un articolo dal titolo “Uccidetelo!”.
Non ricordo se l’avesse scritto sul quotidiano fascista per il quale lavorava o su uno dei tanti blog fascisti su cui ha scribacchiato in quel periodo,  poiché da un po’ di tempo quel bell’articolo, tanto esplicativo del personaggio che allora si faceva passare per chavista, è stato spurgato da internet...
Non ricordo un titolo più stizzito di quello. Piero Armenti, ovviamente, parlava di Chavez, ovvero di un non meglio identificato esule politico venezuelano che da Miami, Florida, pontificava in questi termini: “...l’unica soluzione per il problema Chavez è una carabina da...” e  giù a descrivere dettagliatamente il tipo di fucile più idoneo per l’assassinio appena auspicato.
Bisogna dirlo, un articolo dal grande tenore politico, con un vastissimo orizzonte culturale... mi rammarico di non averlo salvato, oggi potrei riproporlo per la gloria del giornalista salernitano.

Di lì a poco moriva assassinato un connazionale a Caracas.

Cow boy, tecnica mista su carta stampata - 2013


mercoledì 18 giugno 2014

La ragazza di Piero Armenti e il disegno a linea continua | L'artista di Bellas Artes

Tra i miei luoghi preferiti a Caracas, c'era la zona di Bellas Artes, coi suoi musei (gratuiti), mercatini di artigianato e un parco verde abbastanza grande e ben tenuto. Quando cominciai a frequentare la ragazza di Piero Armenti, capitava spesso che ci incontrassimo a Bellas Artes. Un pomeriggio eravamo seduti ai tavolini di un bar nei pressi della fermata di Bellas Artes della metro, quando ci avvicinò una signora che lei conosceva e ci propose un ritratto a linea continua. La ragazza di Piero Armenti disse che andava bene, così la signora, che per me era una ragazza, andò a procurarsi un foglio.

Venne e prese a disegnare con una biro verde, senza staccare la punta dal foglio. 

Disegno a linea continua con la ragazza di Piero Armenti

Prima disegnò la mia testa, una montagna, poteva essere il monte Avila, che sovrasta Caracas. Poi disegnò lei in lontananza, i suoi capelli diventavano uccelli e poi mare e  palme. Il paesaggio tropicale con noi due.


C'era inoltre un altro occhio sopra le rocce dell'Avila, che in un primo momento avevo interpretato in chiave cubista, come il mio stesso occhio visto di fronte; invece è l'occhio di qualcuno che si nasconde o guarda da lontano. Ed è un occhio chiaro, ceruleo.


La ragazza di Piero Armenti, io e l'occhio sopra le rocce

Se dovessi dire a chi appartiene quell'occhio, nella ristretta cerchia di persone che frequentavo a Caracas, credo che sceglierei proprio Piero Armenti.
Ma era questo il messaggio di quel disegno a linea continua?  Vediamo... 

Dal nome latino Petrus, tratto a sua volta dal greco Petros, col significato di pietra (dal termine petra, comune a entrambe le lingue). Il nome greco, dal canto suo, è la traduzione dell'aramaico Kephas, che, tratto dal termine kefa, significa per l'appunto pietra, roccia. È quindi analogo per semantica al prenome Sten.

Questo nome, storicamente, affonda le sue radici nel Cristianesimo e in particolar modo nel culto di San Pietro, ritenuto essere il primo papa dalla Chiesa cattolica. Proprio a lui si lega l'origine del nome Pietro, che, come sostenuto dagli apostoli Matteo e Giovanni, venne così chiamato dallo stesso Gesù Cristo: celebre è il passo del Vangelo di Matteo in cui Gesù dice a Pietro "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa".

A proposito delle varianti del nome, Piero e Piera si sono già formati a partire dal Medioevo (vedi Piero). Le forme Petro e Petra, invece, sono in parte dovute all'influenza del latino ecclesiastico, soprattutto nel Meridione. La forma femminile Pietra può derivare dalla devozione per "Maria Santissima della Pietra", patrona di Chiaravalle Centrale.
 


Sembrerebbe proprio di si: quell'artista di strada mi stava dicendo, tramite quella sorta di rebus a linea continua, che la ragazza che stavo frequentando era un'esca per tenermi sotto controllo.

Quando ebbe terminato, la ragazza di Piero Armenti la pagò, direi piuttosto bene, e fu anche molto gentile con l'artista di strada. Quando la signora andò via, lei mi raccontò la sua storia. Era un'artista di strada in quanto viveva per strada ed era malata: aveva un tumore all'orecchio, quando ci aveva avvicinato aveva parlato di comprare delle medicine. 
Alla fine lei concluse che il disegno dovevo tenerlo io. E così fu. 
Ma non credevo che un disegno potesse essere così importante.
Di lì a un mese, la ragazza di Piero Armenti mi riportò la notizia della morte di quella signora che in realtà era ancora una ragazza. Non credo avesse più di 30 anni.
Poco tempo dopo, "il mago", un suo conoscente, amico di Piero Armenti, fece girare voce che voleva le foto dei suoi disegni, per farne un non meglio precisato "archivio". 
Anche il nostro ritratto a linea continua, era sottinteso. La riproduzione non l'ha mai vista, almeno fino ad oggi...